Il dolore pelvico a cintura

Una donna su cinque che ha avuto una gravidanza saprà di cosa stiamo parlando.

Proprio così, questa è l’incidenza del dolore pelvico a cintura.

Di cosa si tratta?

Il nome già di per sè lo descrive abbastanza chiaramente, un dolore che attribuiamo infatti ‘alla nostra cintura’, cioè il nostro bacino.

Colpisce soprattutto gli ultimi mesi  di gravidanza con sintomi che possono andare dal dolore in zona lombare (irradiato o meno agli arti inferiori), dolore in zona inguinale, dolore all’interno coscia.

Spesso il dolore compare in carico monopodalico, quindi ad esempio mentre camminiamo nel momento in cui siamo in appoggio su un solo arto inferiore, oppure nel fare le scale, nei cambi di posizione e negli spostamenti di carico repentini.

Un dolore che può presentarsi in ogni momento, accentuandosi spesso di notte e rendendo difficoltoso il riposo (già spesso tormentato) della donna in gravidanza.

La causa principale è di natura ormonale attribuibile alla relaxina, ossia quell’ormone responsabile durante la gravidanza di rilassare le formazioni pelviche (sia muscolari che legamentose) per favorire il passaggio del bambino nel canale del parto . Agisce stimolando la biosintesi di collagene nei suoi organi bersaglio, facilitando il rimodellamento del tessuto connettivo.

Vi sono poi altre possibili cause concorrenziali tra cui l’aumento ponderale ed i cambiamenti posturali (e quindi anche dello schema motorio) durante la gestazione.

Sembra vi sia una familiarità nell’insorgenza di questo tipo di dolore, sono inoltre più predisposte le donne che hanno già avuto questi problemi in precedenti gravidanze e che hanno riscontrato traumi al bacino.

In un terzo delle donne questo dolore non sparisce subito dopo il parto, sembra infatti che possa permanere in circa il 10 % dei casi fino ai 3 mesi successivi e che in alcuni casi i sintomi possano persistere fino a due anni.

Cosa possiamo fare?

Innanzitutto è sempre bene come prima azione far presente al proprio ginecologo qualsiasi nuovo dolore o difficoltà insorta per escludere altre possibili cause.

Una volta capito che il problema è invece attribuibile al nostro sistema muscolo scheletrico in veloce mutamento possiamo attuare alcune strategie per cercare di convivere con questo problema al meglio possibile e controllare il dolore per permetterci di svolgere comunque le normali attività quotidiane.

La letteratura scientifica non si è ancora apertamente schierata a riguardo di quale sia l’esercizio fisico migliore, si discute molto sul ruolo degli esercizi di stabilizzazione del bacino che sembrerebbero a logica i più adatti (ora vi spiegheremo il perché ). Di fatto invece si stanno facendo ancora studi a riguardo per fornire dati più chiari che vadano oltre all’esperienza clinica ed al pensiero di noi singoli fisioterapisti, ma che si basino su evidenze scientifiche chiare.

Un’aiuto importante nel controllo del dolore ci viene sicuramente dato dalla scelta della giusta attività fisica andando a scegliere attività gradite ed utili, quali esercizi di mobilizzazione dolce dei distretti colpiti.

Tornando all’argomento degli esercizi di stabilizzazione, abbiamo detto che la letteratura ancora non è chiarissima a tal proposito e sta continuando ad analizzare dati; ciò nonostante riteniamo che porre un’ attenzione particolare a questo tipo di attività abbia senso in quanto, come abbiamo visto, siamo di fronte ad un problema di ‘instabilità’, di ‘troppo movimento’.

È consigliato prediligere esercizi che mirino alla presa di coscienza del nostro ‘core’, parola molto in voga al momento che sta ad indicare il nostro centro di stabilità, il nostro tronco, che se adeguatamente allenato può darci la stabilità che ci serve per poterci muovere meglio. Sembra un paradosso ma è così, più il mio core è attivo più i miei arti saranno liberi di muoversi.

Le ricerche mostrano che anche la ginnastica in acqua, l’agopuntura e l’utilizzo di cinture di sostegno possano essere di aiuto, queste ultime in particolare han visto essere utili per ridurre il dolore ed aumentare il comfort della gestante.

Può sembrare una curiosità, ma in letteratura è riportata inoltre l’efficacia dell’allenamento del pavimento pelvico nel post parto per ridurre il dolore pelvico a cintura e la disabilità funzionale, anzi sembra che il lavoro abbinato di pavimento pelvico ed esercizi di stabilizzazione localizzata diano risultati maggiori rispetto al solo lavoro di stabilizzazione.

Questo in realtà non dovrebbe sorprenderci in quanto la sinergia tra pavimento pelvico e ‘core’ è dimostrata anche dal fatto che i muscoli del pavimento pelvico ed il trasverso addominale sono muscoli che lavorano in coattivazione, quindi appunto ‘sinergici’ .

Bisogna poi ricordarsi di riposare quanto necessario e ricercare posture comode che ci permettano l’assenza del dolore magari utilizzando quei bei cuscinoni da allattamento morbidì in commercio o dei semplici normalissimi cuscini posti in mezzo alle gambe o dietro alla propria schiena per dormire su un fianco.

Ovviamente sono le linee guida generiche, poi ogni caso va sempre valutato e trattato con un approccio individualizzato alle preferenze del paziente ed alle sue necessità funzionali di quel momento.

Rivolgersi ad un professionista come un fisioterapista è sicuramente una buona scelta per ricevere consigli e interventi pratici valutati caso per caso.

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